Ci sono lavori che non sono semplicemente “lavori”, ma sono l’essenza stessa della sapienza: quella speciale forma di conoscenza che diventa un’arte e si può tramandare solo di padre in figlio o da artigiano ad apprendista. Tutti abbiamo nelle orecchie il meraviglioso suono del pianoforte, ma quanti sappiamo come si produce? Quanta conoscenza e quante capacità sono necessarie per compiere il miracolo e far risuonare quelle armonie celesti che si innalzano al cielo e ci emozionano nel profondo?

Ve lo spiego in questa splendida e lunga intervista, realizzata in uno dei laboratori di restauro dei pianoforti all’artigiano che a Biella da anni è custode di questi segreti e che si è messo a disposizione per raccontarveli: è il costruttore di miracoli Alvise Biolcati.

Quando si dice che l’Italia è una patria di geni, artisti, grandi inventori, si dice proprio questo: nel corso dei secoli sono state accumulate immense conoscenze, invidiate dal mondo intero, che non possono essere insegnate a un computer, ma che hanno bisogno dell’essere umano, l’unico che può utilizzarle e custodirle nel tempo, di generazione in generazione.

Ma cosa succederebbe se per colpa di leggi miopi, nel solco di un globalismo poco lungimirante, i laboratori dei liutai, dei restauratori e degli artigiani in genere, soprattutto in campi altamente specializzati come questo, si trovassero sempre più in difficoltà e infine costretti a chiudere, soffocati dalla burocrazia e da una fiscalità che non tiene conto del valore che rappresentano? Succederebbe una cosa semplice: dall’essere padri della musica, dell’arte, delle abilità costruttive, conosciuti e rinomati in tutto il mondo, nel giro di una o due generazioni ci troveremmo a non sapere e non conoscere più nulla. Torneremmo indietro di secoli, e lasceremmo al mondo solo le macerie di quei monumenti alla cultura e al sapere che avevamo costruito con tanto impegno.

Dobbiamo tenerci strette queste antiche conoscenze, dobbiamo difendere le nostre tradizioni dall’avvento dell’industria dell’intelligenza artificiale e dei robot, e dall’impoverimento del linguaggio – musicale e non – che i media infliggono alle nuove generazioni. I nostri padri hanno fatto il loro dovere, consegnando nelle nostre mani tutti i segreti e il sapere costruito nel corso dei secoli . Sta a noi continuare a volare alto, tra le stelle, senza sprofondare nella vergogna della storia.

Se volete rendervi conto di cosa potremmo perdere, ascoltate questa intervista. E poi cercate di diffonderla. Deve arrivare in alto. Specialmente a Roma, dove al Ministero della Cultura forse sono più impegnati a pensare a Sanremo e ai programmi da affidare a Morgan che a tutelare l’umanità dall’enorme rischio di perdere la sua storia e se stessa.