Ho incontrato Franco Mussida, fondatore della PFM. Non lo conoscevo, o pensavo di non conoscerlo, perché in realtà conoscevo a memoria la sua musica. Ad esempio i suoi arrangiamenti suonati dalla PFM nel mitico doppio album di Fabrizio De André, uno su tutti “Il Pescatore“, un disco che io da ragazzino avevo, che ho consumato e che conosco a memoria. Ho scoperto solo durante l’intervista che molti di quegli arrangiamenti li aveva scritti lui, e mi si è allargato un sorriso (spero diverso da quel “solco lungo il viso, come una specie di sorriso” di quello sfortunato pescatore della canzone di Faber, che in realtà era il regalo che gli aveva lasciato un assassino).

La vita è strana. Sei piccolo, ascolti dei dischi che arrivano da sfere celesti, dimensioni lontane e irraggiungibili. Gente grande, in tutti i sensi, che puoi solo vedere ai concerti, da lontano, o ascoltare in cuffia. Poi cresci e un giorno, così, quasi per caso, ti trovi davanti a chi ha scritto la tua stessa storia e tu neanche te lo immaginavi.

E così, Franco mi ha spiegato quello che ha capito lui della musica, dopo tutti questi anni. E mi ha spiegato perché ha sentito il bisogno di registrare un nuovo album. Lo ha spiegato a me, come se fosse importante dirmelo (so di essere stato solo un tramite, è che mi piace raccontarmi storie). Si chiama “Il Pianeta della Musica e il viaggio di Iòtu“, di cui nell’intervista ascoltiamo insieme un paio di brani meravigliosi. Lo presenta fra due giorni, il 14 aprile a Milano, all’Auditorium San Fedele, dove grazie ad un particolare sistema di diffusione, i fortunati presenti potranno assistere ad un concerto immersivo. Inutile dire che i biglietti sono quasi esauriti.

Ha promesso che sarebbe ritornato. Ma lo dicono tutti. Intanto, sono stato felice di conoscerlo.