La raccolta delle firme per il referendum contro l’invio delle armi nei teatri di guerra è terminata. Il Comitato promotore CNL ha depositato le firme in Cassazione. Il Comitato Ripudia la Guerra, il cui portavoce era Enzo Pennetta, ha deciso di non depositarle neppure. Le firme non sono bastate. Ne abbiamo parlato su Byoblu, a “Che Idea Ti Sei Fatto?“, la nuova trasmissione di approfondimento serale, ieri sera condotta da Edoardo Gagliardi, insieme a Erminia Ferrari e Davide Tutino (CNL), Enzo Pennetta e Marco Rizzo (Ripudia la guerra). Potete riguardare la trasmissione nel video qui sopra.

Detto questo, il tentativo di indizione di un referendum sull’invio di armi nei teatri di guerra ci ha lasciati con alcune certezze.

Innanzitutto, l’Italia è un paese in cui, ad ascoltare certi sondaggi, la maggioranza delle persone è contraria alla partecipazione nella guerra in Ucraina. Oh, se sono contrari! Ciononostante, è anche quel paese in cui chi è contrario crede che serva di più rispondere ai sondaggi (per quel che costa…) che perseguire una soluzione istituzionale. Perché alle istituzioni non ci crede più. Se la gente avesse creduto che un referendum avrebbe potuto cambiare qualcosa, forse si sarebbe sbattuta per trovare il tempo di andare a firmare. Invece lo hanno fatto in tanti, è vero, ma in ancora più hanno pensato che non fosse poi così importante.

L’Italia è poi quel paese dove il dissenso non riesce mai ad essere unitario, ma si divide sempre in rivoli, distinguo e controdistinguo. Lo abbiamo visto alle scorse elezioni politiche. Ma lo abbiamo visto anche in questi ultimi tre mesi. Lo stesso avvio del processo referendario è stato difficoltoso, con lunghe trattative per mettere d’accordo le varie componenti promotrici, che intendevano portare quesiti diversi. Nonostante Enzo Pennetta e Ugo Mattei si siano prodigati per mostrarsi uniti, le numerose aree sociali retrostanti tanto unite non lo erano, con accuse reciproche. Non tutti raccoglievano le firme per tutti e tre i quesiti, ad esempio. E tanta gente non ha ancora neppure capito (ma lo approfondiremo) se le firme raccolte dai due comitati sui quesiti comuni fossero cumulabili o meno, una volta arrivate in Cassazione. Se non lo fossero state, allora andare divisi sarebbe stata una forma di suicidio volontario. Se invece lo fossero state, mi chiedo perché non siano state tutte depositate in Cassazione, giusto per fargliele almeno contare per bene, che male non fa, anche per avere una sorta di certificazione dei risultati e non lasciare tutto così, nella vaghezza.

L’Italia è quel paese in cui nessuno può seriamente davvero pensare che la stampa sia libera. Può asserirlo, certamente, con tutta la sicumera che vuole, a favore di camera o per farsi bello di fronte ai suoi referenti politici, ma anche quando lo dice, certamente, non lo pensa. A meno che non sia un idiota totale (possibilità non poi così remota). Per quanto il traguardo non sia stato raggiunto, centinaia di migliaia di persone si sono dati pena per apporre la loro firma certificata, ai banchetti, in Comune o online. Ma queste centinaia di migliaia di persone per la stampa semplicemente non sono esistite. Esiste il caldo record, esistono quattro miliardari che hanno speso fortune per andare a morire in fondo all’Oceano Atlantico, esiste il traffico sulle autostrade ma non esistono centinaia di migliaia di cittadini in coda per certificare la loro contrarietà all’invio di armi da parte del loro paese. La Rai, in particolare, che in quanto tv di stato è legata da un contratto di servizio con il Ministero dell’Economia, avrebbe avuto il dovere di sostenere i processi democratici informando sulle opportunità di partecipazione, tanto più se riguardano questioni così cruciali. Ma la Rai è impegnata a parlare di Facci e sia giusto o meno assegnarli una striscia serale in diretta. Dal tempo dei romani, che amministravano le genti con panem et circenses, non è cambiato nulla. Mettetevelo bene in testa.

E poi, l’Italia è quel paese in cui le aree del cosiddetto “dissenso” (disorganizzato) non sono capaci di usare gli strumenti di autocertificazione digitale, come lo Spid. Non sono capaci o si rifiutano. Al costo di un euro e cinquanta (forse il prezzo della benzina per uscire di casa e raggiungere il comune), decine e decine di migliaia di persone potevano firmare dal proprio computer, senza alzarsi dalla sedia. Ma l’hanno fatto solo in ventimila. Il costo pareva ingiustificato? La procedura era particolarmente complessa? Avevano la sensazione che in questo modo avrebbero contribuito involontariamente al processo di identificazione digitale e non intendevano farlo? Forse. O forse non sapevano proprio da che parte cominciare, perché di computer, Otp, QR Code e firme digitali capiscono poco o niente. Del resto, non gli si può dire che i portafogli digitali, le identità digitali, i processi di smaterializzazione dei beni, la realtà virtuale, gli avatar, il conferimento dei dati personali, la schedatura dei gusti, degli interessi e delle abitudini portate avanti dai social network sono il male assoluto, e poi andargli a chiedere di farsi lo Spid per autocertificare su una piattaforma digitale il loro assenso. Adesso possiamo dirlo: si è trattato di un grave errore di comunicazione, o al più un enorme peccato di ingenuità.

Per finire, l’Italia è anche quel paese in cui perfino le opposizioni non si mettono più contro le maggioranze globaliste e i media, neanche per ritagliarsi margini di rappresentanza popolare ad alto potenziale, perché evidentemente hanno paura di essere fatte fuori e smembrate dalla ragnatela invisibile paramassonica globale che, da mani pulite in poi, cancella dalla storia chiunque non accetti di partecipare al gioco della finta alternanza, guidando le greggi al di fuori di un recinto entro il quale, come in un gigantesco parco divertimenti, ci sono attrazioni di tutti i tipi: finte maggioranze, finte opposizioni, finti estremisti, finti terroristi, finto dissenso, finto consenso, finte emergenze, finte soluzioni… tutto quello che serve per far divertire il pubblico e fargli percepire una moderata soddisfazione per essersi assunto l’onere di avere pagato il biglietto, rinunciando alla sua libertà.

In queste condizioni, cambiare le sorti del mondo è un’impresa disperata. Ma resta la possibilità, per un selezionato gruppo di individui estranei al loro tempo e consapevoli del Truman Show, di restare vivi. Loro e i loro figli. E questo, credetemi, è già tanto.